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domenica 5 ottobre 2014

SCONTI, OFFERTE SPECIALI E SOTTOCOSTO: IL VADEMECUM PER IL CONSUMATORE CONSAPEVOLE


Articolo tratto interamente da Il fatto alimentare , di Roberto La Pira

Quando compriamo un chilo di pasta con “il 30% di sconto” o “sottocosto” siamo sicuri di fare un affare? Chi si accolla l’onere della promozione?  Le spese da sostenere per supportare tutte queste iniziative sono a carico delle aziende. I produttori infatti per ogni pacco di pasta venduto nella settimana del sottocosto e/o ogni volta che il prodotto viene fotografato sul volantino recapitato nella casella della posta,  riconoscono al supermercato uno sconto sul prezzo concordato nel contratto. Analizzando però con attenzione i numeri e gli accordi stipulati dalle parti si avverte la forte sensazione che il consumatore venga preso in giro da finti sconti e finte offerte speciali.
Tutto comincia con la definizione del prezzo nel contratto di acquisto, che oltre a materie prime, spese di produzione, distribuzione e ricarico del dettagliante, prende in considerazione le offerte promozionali e gli sconti del prodotto realizzati nell’arco dei 12 mesi. Si tratta di un calcolo affidato a laureati in economia con specializzazione nel marketing, abituati ad  elaborare strategie basate sull’analisi di sconti, promozioni, offerte, coupon, ecc. Il quadro è estremamente complesso, perché il prezzo sullo scaffale è il risultato di tutte queste operazioni.
In Italia i negozi dove si risparmia di più sono le catene di supermercati che adottano il sistema dei prezzi utilizzato in Inghilterra e da alcune catene di discount in Germania, dove si garantisce ai consumatori il miglior rapporto qualità/prezzo tutto l’anno. Il metodo è applicato da U2 e da altre catene ancora più aggressive, localizzate in Veneto come Rossetto, Tosano e Lando che da molti anni hanno abbracciato la strategia dei “prezzi bassi tutto l’anno”. Si tratta di supermercati dove si adotta la politica del prezzo netto pulito (net net dicono gli inglesi).
Per capire il sistema prendiamo come riferimento un chilo di pasta che, secondo la logica del prezzo netto pulito, viene comprato a 1,0 euro al produttore e rivenduto a 1,30 al consumatore. In questo modo il supermercato si garantisce un ricarico vicino al 30% in grado di coprire i costi e di ottenere utili. Nei punti vendita che adottano il prezzo netto pulito il listino è sempre lo stesso tutto l’anno, perché non sono previsti sconti, promozioni, tagli prezzo, offerte 3×2, riduzioni speciali per i possessori di carte fedeltà… Il metodo offre molti vantaggi dal punto di vista finanziario: il supermercato compra solo la pasta che vende, non deve per forza acquistare l’intero l’assortimento, non deve distribuire volantini nelle caselle, non deve riempire il magazzino con camionate di prodotto per fare fronte alle richieste in occasione delle sottocosto, non anticipa somme elevate… C’è poi da considerare la drastica riduzione del personale dell’ufficio acquisti, perché i contratti sono semplici e non bisogna fare controlli nei punti vendita. Alla fine senza tutti questi elementi che incidono sui costi di gestione il prezzo sullo scaffale risulta molto interessante.
La strategia di marketing ora descritta non è quella adottata dalla  stragrande maggioranza dei supermercati e ipermercati italiani, che preferiscono comprare il pacco di pasta da un chilo a 1,15 euro e venderlo  a 1,35 euro. La differenza garantisce un ricarico del 20% circa che però non copre i costi di gestione. Il prezzo di acquisto delle piccole catene che adottano il prezzo netto pulito risulta inferiore, perché il produttore non deve applicare sconti su tutti i lotti venduti nel corso delle promozioni attuate durante l’anno.
 Il supermercato dopo avere fissato il prezzo (1,15 euro al chilo) e siglato il contratto comincia a chiedere sconti perché decide di inserire la foto della pasta sui volantini da recapitare nella casella della posta. A questo punto scatta la prima fattura dove si applica una riduzione del prezzo fissato nel contratto per i lotti di pasta destinati alla promozione dei volantini. Poi ci sono le promozioni speciali, gli anniversari, le settimane del sottocosto, gli sconti per i possessori di carta fedeltà, e il supermercato ogni volta invia fatture al pastificio applicando uno sconto per i tutti i lotti venduti nel corso delle occasioni “speciali”. L’elenco delle fatture comprende anche i premi da riscuotere per avere inserito i nuovi tipi di pasta sugli scaffali, per avere venduto il numero di pezzi stabilito e altre voci. A fine anno quando scade il contratto e il pastificio salda le fatture, il supermercato recupera quell’8-10% sul prezzo di ogni pacco di pasta, necessario per coprire i costi di gestione e ricavare l’utile
Il giochetto delle fatture piace anche ai consumatori che grazie alle continue offerte speciali e promozioni hanno l’impressione di risparmiare sulla spesa. In realtà si tratta di un’illusione perché l’entità dello sconto, così come del sottocosto viene applicato su un prezzo fittizio stabilito nel contratto, destinato ad essere ridimensionato al ribasso a fine anno quando il produttore salda le fatture. In altre parole quando il supermercato propone la pasta sottocosto a 1,0 euro ( inferiore di 15 centesimi rispetto al prezzo di acquisto riportato nel contratto) non dice tutta a verità. Facendo bene i conti e considerando le fatture pagate dal produttore a fine anno per compensare le vendite  promozionali del supermercato, il costo della pasta si avvicina molto a 1,0 euro che è poi il prezzo pulito netto. Ma allora anche il sottocosto diventa quasi una presa in giro.
 In questa storia bisogna considerare anche il vantaggio finanziario. Le catene che applicano il prezzo netto pulito spendono meno perchè il prezzo della pasta indicato nel contratto è più basso (1,0 euro al chilo) e soprattutto non devono anticipare denaro per l’acquisto degli stock destinati alle promozione che poi saranno in parte compensati a  fine anno per il pagamento delle fatture. La maggior parte dei supermercati invece paga ogni chilo di pasta di più  (1,15 euro) e devo anticipare grosse somme per fare fronte alle promozioni che saranno rimborsate alla fine dell’anno. Un altro aspetto da considerare è il costo del personale adibito alla gestione di fatture, contratti e al controllo delle iniziative promozionali che incide inmodo significativo sulle spese di gestione e quindi sul prezzo.
 Le furberie del marketing per illudere il consumatore non sono finite. Ci sono catene che chiedono alle grandi aziende formati speciali da 900 g o da 900 ml anziché 1 kg o 1 litro, per indicare sullo scaffale listini più bassi e altre che vendono le confezioni grandi a prezzi superiori rispetto a quelle piccole. Anche il sistema del prezzo netto pulito non è perfetto. Alcuni  supermercati acquistano stock occasionali che poi non ripropongono, oppure lotti di merce che scade dopo 6 mesi anziché dopo 2 anni spuntando prezzi interessanti.
L’amara conclusione è che attraverso queste strategie si prendono in giro i consumatori, dando loro la sensazione di comprare a prezzi convenienti sfruttando gli sconti e offerte. Lo ha evidenziato anche l’Agcm in un bellissimo documento sui trucchi dei supermercati che consiglio a tutti di leggere, dove si analizzano i meccanismi e le furberie messe in atto per proporre finti sconti nel periodo del sottocosto e delle varie promozioni.
 Che fare? «La soluzione più conveniente  – suggerisce un esperto del settore che da trenta anni studia queste dinamiche – è analizzare i volantini delle 3-4 catene di supermercati o ipermercati dislocati vicino a casa e approfittare di tutte le offerte. Se invece si fa la spesa solo in un punto vendita conviene scegliere tra le poche catene che adottano il prezzo netto pulito.


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