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venerdì 17 maggio 2013

"Cibo criminale", le maxitruffe che avvelenano la nostra tavola


"Cibo criminale", le maxitruffe
che avvelenano la nostra tavola

Libro-inchiesta sul grande giro d'affari basato sui prodotti falsamente etichettati "made in Italy", sulle sofisticazioni alimentari e le manovre della criminalità organizzata per impossessarsi dei fondi comunitari

di SILVANA MAZZOCCHI

Olio extravergine italiano secondo l'etichetta, ma nella realtà olio spagnolo o tunisino; pomodori pelati italiani, fasulli tre volte su quattro; stessa percentuale di truffa per il prosciutto, che di nazionale ha troppo spesso soltanto il marchio e mozzarella di bufala confezionata con latte importato da altri paesi, India compresa. E' il mercato dei cibi italiani contraffatti, distribuiti ovunque nel mondo, ma mendaci. Un business globale da 60 miliardi di euro, per larga parte in mano all'agromafia, che lucra così sulla nostra salute almeno 12,5 miliardi di euro ogni anno.

E' la fotografia impressionante delle maxitruffe alimentari consumate a danno di tutti, come appare nel libro di Mara Monti e Luca Ponzi  in Cibo Criminale (Newton&Compton). Gli autori spiegano, documenti alla mano, come funziona il giro d'affari che rischia di avvelenare le nostre tavole. E come capiti che piccoli e grandi imprenditori di alimenti, siglino con il prestigioso "Made in Italy", prodotti che del rinomato marchio hanno soltanto la facciata. E che sono invece messi sul mercato con materie prime acquistate all'estero, in paesi in cui la qualità e le garanzie a tutela della salute dei consumatori sono decisamente inferiori a quelle stabilite in Italia. Il risultato sono cibi, etichettati come fossero di prima qualità ma che non lo sono, distribuiti ovunque,  a volte supermercati compresi. La casistica è la più varia: si va dalla passata di pomodori importata dallaCina, ai prosciutti danesi, all'olio spagnolo di pessima qualità e venduto come extra vergine toscano, alle mozzarelle taroccate.

Sono numerose le inchieste giudiziarie citate in Cibo criminale; dal racket dei formaggi inquinati a quello dell'olio fasullo, alla "bufala" della mozzarella di bufala e, sullo sfondo, le prove di come la criminalità organizzata sia riuscita a mettere le mani sui fondi comunitari. Una serie di truffe rese possibili da controlli inesistenti o addirittura "dolosi"; "colletti bianchi" infedeli che consentono danni economici enormi a carico dei consumatori che, soprattutto, minacciano la salute comune.

Come difendersi? Se scegliere prodotti Doc e Dop più controllati, può essere una scelta senz'altro valida, in generale ci si può e ci si deve basare sul buon senso. Il prezzo d'offerta troppo basso o confezioni di prodotto "fuso" non offrono sufficienti garanzie. E, sempre, occhio all'etichetta; se la tracciabilità è scarsa ancora oggi, prudenza e attenzione possono costituire un valido presidio.

Quanto è esteso il fenomeno del cibo criminale in Italia? E quanto vale?"Quando si parla di cibo criminale nell'accezione che abbiamo voluto dare al libro ci riferiamo a due aspetti. Il primo alle truffe nell'utilizzo improprio di denominazioni di origine controllata, come il marchio Made in Italy associato a cibi di qualità, ma che in realtà nasconde prodotti scadenti o provenienti da altri paesi. E' il fenomeno conosciuto come Italian sounding ovvero quel valore aggiunto in più attribuito ai prodotti che per il solo fatto di richiamare l'Italia attrae i consumatori disposti a pagare di più per acquistare un prodotto ritenuto di qualità. A livello mondiale il giro d'affari dell'Italian sounding supera i 60 miliardi di euro (164 milioni al giorno), cifra 2,6 volte superiore al valore delle esportazioni agroalimentari. Ciò significa che per ogni scatola di pelati veramente italiani ce ne sono tre la cui materia prima, pur avendo nomi come Vesuvio o Dolce Vita, proviene dall'estero. Lo si è scoperto per i prosciutti, l'olio, la mozzarella solo per citare i prodotti più pregiati. E' stato calcolato che basterebbe recuperare una quota del 6,5% dell'Italian sounding sul mercato estero per riportare in pareggio la bilancia commerciale dell'agroalimentare. C'è poi un altro aspetto che va oltre il falso prodotto Made in Italy, quello che lega il produttore "infedele" alla criminalità organizzata che sul settore, molte volte abbandonato a se stesso, ha messo le mani. Il giro d'affari dell'agromafia è stimato in 12,5 miliardi di euro l'anno, un guadagno che si sviluppa lungo tutta la catena dalla produzione alla distribuzione".

La mafia guadagna dalle truffe agroalimentari; chi specula a nostro danno?"Specula chi dovrebbe controllare e non controlla, specula chi dovrebbe garantire la qualità e non la garantisce. Nei casi da noi analizzati nel libro (i prosciutti, la mozzarella, l'olio, i formaggi, i pomodori) per tutti c'è un punto debole della catena, ovvero la carenza di controlli dove funzionari infedeli, dei consorzi o del Ministero dell'Agricoltura, sono risultati conniventi con i truffatori. Sono i cosiddetti "colletti bianchi" che operano nel settore agroalimentare e che stanno acquisendo un ruolo strategico per le organizzazioni criminali inserite nel business delle agromafie e interessate a spostare l'asse dell'illegalità verso una zona neutra di confine nella quale diviene sempre più difficile rintracciare il reato. Può accadere che piccoli e grandi produttori di alimenti a marchio Made in Italy acquistino le materie prime dall'estero, spesso in paesi in cui la qualità e le garanzie a tutela della salute dei consumatori sono decisamente inferiori da quelle stabilite in Italia. La casistica è variegata: si va dalla passata di pomodori importata dalla Cina, ai prosciutti danesi, all'olio spagnolo di pessima qualità e venduto come extra vergine toscano, alle mozzarelle fatte con il latte proveniente dalla Germania".

Come ci si può difendere? 

"In primo luogo il prezzo: non si può pensare che un litro di olio di oliva extra vergine possa essere davvero tale se sugli scaffali viene venduto a 5 euro. Così come la mozzarella non è di bufala se viene venduta a meno di 11 euro al chilo. Purtroppo la crisi economica non aiuta e spesso si specula proprio sul prezzo dei prodotti. Non aiuta neppure l'etichettatura: la normativa prevede che un prodotto possa essere venduto come Made in Italy anche se la materia prima è di provenienza comunitaria: è sufficiente che venga trasformato in Italia. Un escamotage che permette di vendere l'olio spagnolo o greco come italiano. La sfida è complessa soprattutto quando riguarda l'Italian sounding, cioè i falsi prodotti italiani che hanno invaso i mercati esteri. Non sempre le normative locali consentono di intervenire a tutela dei marchi, creando così un danno economico a tutta la filiera: il rischio è che conserve, olio, formaggi e prosciutti di qualità scadente vengano identificati come l'eccellenza del Made in Italy. Tra le proposte su cui si sta lavorando c'è quella della tracciabilità dei prodotti. Per poterla applicare, però, è necessario un salto di qualità culturale ed etico anche da parte dei produttori onesti: continuare a lucrare sul sommerso non paga più soprattutto come sistema paese".


Mara Monti Luca Ponzi
Cibo Criminale
Newton Compton editori
Pag 250, euro 9,90
Fonte: Repubblica 

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