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domenica 12 giugno 2011

In Italia si arresta la sindrome dello spopolamento degli alveari; forse merito dello stop ad alcuni insetticidi. Intervista al prof. Tapparo


Ci risiamo: come già avvenuto negli ultimi quattro anni, le stime effettuate sul 15% degli apicoltori americani parlano di una morìa di colonie di api attorno al 30% nella stagione invernale appena trascorsa. Un dato che preoccupa e tiene alto il dibattito sulla sindrome dello spopolamento degli alveari (in inglese Colony Collapse Disorder, CCD) ma che, al tempo stesso, suona come una conferma per chi attribuisce gran parte delle responsabilità all'utilizzo degli insetticidi neonicotinoidi nella concia dei semi del mais (dove la pratica è stata sospesa - come in Italia - il fenomeno non ha  più assunto le dimensioni delle gravi crisi degli anni scorsi).
Lo studio statunitense è stato condotto dallo US Department of Agriculture insieme con gli Apiary Inspectors of America. Sono stati intervistati oltre 5.500 apicoltori che curano circa il 15% del totale degli alveari del paese, presso i quali si contano circa 2,68 milioni di colonie. Il 31% degli interrogati ha risposto di aver perso, tra ottobre 2010 e aprile 2011, una parte molto rilevante delle colonie (con percentuali che arrivano al 60%) senza aver trovato api morte nell'alveare, ovvero di aver riscontrato la sindrome da spopolamento (CCD). Gli altri alveari hanno avuto perdite minori pari a circa il 30% delle colonie. Di norma si considera accettabile una perdita del 13% di colonie, ma oltre sei apicoltori su dieci hanno affermato di averne perse molte di più.
Il dato appare ancora più drammatico se confrontato con quelli degli ultimi anni: nell'inverno 2007/2008 la perdita è stata, in media, del 32%, nel 2008/2009 del 29% e nel 2009/2010 del 34%. La sostanziale stabilità, hanno commentato gli autori, è un'assai magra consolazione: dimostra che la situazione non si è ulteriormente aggravata, ma anche che la soluzione del problema è ben lontana.
Sulle cause delle stragi di api negli ultimi anni sono state chiamate in causa moltissime ipotesi: cambiamenti climatici, variazioni genetiche nei parassiti, nei batteri, nei funghi che colpiscono le api, comparsa di nuovi virus, campi magnetici, stress delle api causato dagli spostamenti, sfasamenti ormonali e molto altro ancora.
Ma l'unica idea confortata dai fatti è quella proposta innanzitutto da ricercatori italiani, ossia l'avvento dei neonicotinoidi nella concia dei semi e, in particolare, di quelli del mais.
Per capire a che punto è l'Italia, Ilfattoalimentare.it ha posto alcune domande ad Andrea Tapparo, associato di chimica dell'Università di Padova e autore di importanti studi sull'argomento, due dei quali di imminente pubblicazione.

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