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venerdì 18 ottobre 2013

Giornata alimentazione in Italia, la battaglia più difficile è contro gli sprechi

Il cibo che si getta in casa vale complessivamente lo 0,5% del Pil, ovvero 8,7 miliardi di euro. Nel 2010 la produzione agricola italiana lasciata in campo perché raccoglierla veniva considerato non conveniente è stata pari a oltre 1,5 milioni di tonnellate: il 3,2 per cento della produzione totale. E nel mondo c'è un miliardo di persone con il piatto troppo vuoto
Oggi, nella giornata mondiale dedicata all'alimentazione, si fa il punto sulla lunga battaglia contro la fame. Molte iniziative ricordano che l'obiettivo fissato nel 1996 (dimezzare il numero degli affamati entro il 2015) è stato finora raggiunto solo da 22 paesi. Ma anche che, a fronte di un miliardo di persone con il piatto troppo vuoto, ce n'è un miliardo con il piatto troppo pieno e il corpo minacciato dall'eccesso di cibo.

Dunque il problema essenziale non è la carenza, ma la mancanza di equilibrio. Lo sottolinea l'Oms (Organizzazione mondiale della salute) quando continua a ricordarci che molto spesso, invece di mettersi a dieta, sarebbe meglio prendere l'abitudine di andare al lavoro in bici o a piedi per bruciare le calorie accumulate. Lo sottolineano anche il convegno organizzato questa mattina dal ministero degli Esteri ("Perdite e sprechi alimentari globali: dalla riduzione alla prevenzione per un sistema alimentare sostenibile") e la decisione di servire nelle mense della Fao e della Farnesina un pranzo con cibi di recupero dalle eccedenze della filiera agroalimentare e prodotti a chilometro zero.

La battaglia contro gli sprechi sta diventando sempre più centrale perché buttare via il cibo non è solo una follia economica (quelli che si gettano in casa valgono lo 0,5% del Pil, 8,7 miliardi di euro) ma una maniera di sciupare le enormi quantità di acqua e di energia che sono servite per produrre quelle materie prime che poi, magari per una fluttuazione del prezzi sui mercati internazionali, si lasciano a marcire sui campi perché non diventa più conveniente utilizzarle.

Dai calcoli di Andrea Segré, il presidente di Last Minute Market che il ministro dell'Ambiente Andrea Orlando ha coinvolto nella campagna per la diminuzione dei rifiuti, risulta che "nel 2010 la produzione agricola italiana lasciata in campo perché raccoglierla veniva considerato non conveniente è stata pari a oltre 1,5 milioni di tonnellate: il 3,2 per cento della produzione totale. Questo spreco comporta anche la perdita di una quantità di energia che basterebbe a riscaldare 67 mila appartamenti da 100 metri quadrati".

Non è un problema solo italiano. Nei paesi industrializzati tra il 15 e il 30 per cento del consumo totale di energia è imputabile alle filiere agroalimentari: sprecare cibo vuol dire buttare via energia che molto spesso ha comportato l'emissione di gas serra. E aumentare inutilmente i consumi idrici: nel 2010 abbiamo buttato via 12,6 miliardi di metri cubi d'acqua, impiegati nella produzione di 14 milioni di tonnellate di prodotti agricoli abbandonati nei campi. Lo spreco è un fallimento del mercato che ci costa molto in termini economici, sociali e ambientali.

Fonte: La Repubblica  16 ottobre 2013

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