
Negli ultimi anni le scuole americane sono state accusate di avere grandi responsabilità nella crescita esponenziale dell'obesità infantile. Questo perché le mense di istituti pubblici e privati hanno offerto alimenti poco sani, non di rado vero e proprio junk food, e lasciato bambini e ragazzi liberi di acquistare cibi e bevande ipercalorici, ricchi di zucchero, sale e grassi saturi nei distributori sparsi un po' ovunque. Ora però le stesse scuole sembrano essere diventate parte fondamentale del tentativo di correre ai ripari, come dimostrano la recente modifica dei menu (vedi articolo ilfattoalimentare.it) e alcuni interessanti esperimenti che si stanno svolgendo in tutto il paese.
Di uno di questi parla l'ultimo numero
di JAMA, che ospita il resoconto fatto dagli autori, ricercatori dell'Università del Minnesota. Per compiere il loro esperimento, i nutrizionisti hanno scelto una scuola elementare di Richfield, nel Minnesota appunto, che conta circa 400 bambini, il 72% dei quali appartenenti a famiglie povere, e perciò fruitori dei pasti gratuiti forniti dalla scuola. Hanno modificato gli scompartimenti dei vassoi utilizzati tutti i giorni inserendo fotografie plastificate di alcune verdure, in particolare di fagiolini e carote, e hanno poi lasciato i bambini liberi di consumare il pasto secondo le modalità consuete, e cioè lasciandoli decidere da soli per quanto riguardava le verdure e il succo di mela, e fornendo invece il resto degli alimenti in base al menu del giorno.

Quindi sono andati a verificare che cosa avevano scelto gli alunni quando erano stati dati loro i vassoi modificati rispetto a ciò che avevano scelto in un giorno normale e hanno calcolatole quantità di verdura effettivamente consumate, tenendo comunque conto degli scarti. Hanno così visto che la percentuale di ragazzi che aveva preso fagiolini a pranzo era salita dal 6,3% al 14,8%, e lo stesso era accaduto con le carote (preferite dal 36,8% dei bambini, contro l'11,6% degli altri giorni).

Come hanno mostrato anche altri studi analoghi (vedi articolo ilfattoalimentare.it), l'aspetto può dunque aiutare a compiere scelte più appropriate, e intervenire sulla presentazione dei piatti può essere un sistema semplice ed economico (in questo caso per modificare cento vassoi sono stati spesi circa tre dollari e impiegati 20 minuti di lavoro) per influenzare le abitudini alimentari. Naturalmente - fanno notare gli autori - non è solo vedendo rappresentate le verdure che i ragazzi ne possono consumare le quantità consigliate (le famose 5 porzioni).
L'esperimento è stato fatto su una sola scuola ed è quindi in attesa di conferme. Tuttavia, accanto a iniziative più impegnative, azioni di questo genere potrebbero dare il loro piccolo contributo.

Un provvedimento di natura assai più drastica ma tutto sommato a costo zero sarebbe quello di togliere i distributori di snack all'interno delle scuole, soprattutto elementari, sulla scorta di quanto si sta iniziando a fare con quelli di bevande zuccherate. Lo chiedono in molti, negli Stati Uniti, e tra questi vi sono gli autori di uno studio di ampie dimensioni appena pubblicato sugli Archives of Pediatrics & Adolescent Medicine nel quale pediatri e nutrizionisti dell'Università di Chicago hanno passato al setaccio oltre 4.000 scuole elementari pubbliche e private tra il 2006 e il 2010, scoprendo che più della metà aveva al suo interno le tanto temute macchinette che dispensano cibi deleteri. Nella quasi totalità dei casi erano perciò facilmente accessibili ai ragazzi snack dolci e salati, gelati, caramelle, patatine fritte e così via, e solo in due terzi erano presenti anche prodotti alternativi più sani come frutta in pezzi o insalate.

Come dimostrano anche i nostri dati, oggi abbiamo un'opportunità che non dobbiamo sprecare, visto che il Dipartimento dell'Agricoltura in queste settimane sta decidendo se e come regolare questo tipo di prodotti: ci aspettiamo come minimo che siano stabiliti per legge dei limiti severi sulle percentuali di zuccheri, sodio e grassi che possono essere presenti nei prodotti venduti nelle scuole. Inoltre i genitori devono fare la loro parte, informarsi su ciò che la scuola dei figli offre in vendita e, quando è il caso, mobilitarsi per migliorare l'offerta».
Agnese Codignola
Foto: Photos.com
Venerdì 10 Febbraio 2012
Fonte: Il fatto alimentare
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