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domenica 22 gennaio 2012

La qualità dell'alimentazione. Un nuovo indicatore del benessere


17/01/2012 - Il BES, nuovo indicatore del progresso della società italiana che indica il "benessere equo e sostenibile" e integra il Pil con altri elementi è attualmente allo studio di Cnel e Istat. 

Non è solo una questione di immagine o un luogo comune: gli italiani amano mangiare bene, legano fortemente il concetto di qualità della vita al rapporto con il cibo e in tutto il mondo si usa dire “in Italia si mangia bene e dunque si vive bene”. D’altronde la stessa Dieta Mediterranea, oggi riconosciuta come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, ha le proprie radici e i riferimenti principali proprio nei modelli alimentari del nostro Paese e del nostro Sud Italia in particolare (anche se più che ai suoi “ingredienti” dobbiamo guardare ai suoi principi, che possono essere validi in tutto il mondo).

Non dobbiamo però fermarci a queste nozioni di massima, note a tutti e più o meno condivise. Affermare che la qualità dell’alimentazione costituisce un utile indicatore della qualità del benessere di quella comunità è un concetto che possiamo tranquillamente applicare in tutto il mondo, avendo ovviamente cura di prendere in considerazione le diversità del contesto ambientale, culturale, economico, sociale e storico.

A maggior ragione, pertanto, l’Italia può e deve essere il primo Paese al mondo a dare rilevanza alla qualità dell’alimentazione tra gli indicatori che saranno utilizzati in futuro per sostituire il PIL: dopo di noi altri potranno adottare questo stesso parametro e dal nostro lavoro potranno trarre ispirazione.
E’ bene quindi considerare quali sono gli elementi che entrano in gioco quando parliamo di qualità dell’alimentazione. Evidentemente il nostro primo pensiero va al piacere gastronomico, che è fisiologicamente legato all’atto del nutrirsi e dunque non deve essere richiamato solo in riferimento a pasti eccellenti: dobbiamo ricercare il piacere gastronomico anche nella nostra quotidianità. Tuttavia nel contesto in cui ci troviamo a ragionare, è opportuno concentrare la nostra attenzione su altri aspetti.

In primo luogo dalla qualità della nostra alimentazione dipende in buona parte la qualità della nostra salute. Oggi si potrebbe quasi affermare il contrario, in realtà: la scarsa qualità della nostra dieta quotidiana è la principale responsabile delle più diffuse e gravi patologie con cui si confronta il sistema sanitario dei Paesi ricchi (più avanti faremo cenno ai Paesi poveri e alle sacche di povertà – purtroppo crescenti – nei Paesi ricchi). Una dieta sana, equilibrata, che rispetta i principi che esporremo di seguito, ci aiuta a stare meglio, a vivere meglio e più a lungo, dunque è innegabile che incida fortemente nel determinare il grado di benessere nostro e della comunità in cui viviamo.

In secondo luogo dalle nostre scelte alimentari dipende in buona parte la qualità dell’ambiente in cui viviamo: privilegiando prodotti freschi, di stagione, biologici e provenienti da produzioni locali, diversificando la nostra dieta con molte specie e varietà diverse e riducendo gli sprechi alimentari favoriremo un’agricoltura sostenibile che non inquina, non preleva dalla natura più risorse di quelle che sarebbero a nostra disposizione, mantiene il paesaggio e conserva saperi tradizionali. Se mangiamo meglio è migliore l’ambiente in cui viviamo e quindi ne ricaviamo indirettamente un secondo beneficio in termini di benessere nostro e della nostra comunità.

In terzo luogo, operando scelte alimentari attente siamo in grado di favorire una maggiore giustizia sociale: pagare il giusto costo per i nostri cibi e fare in modo che ai produttori venga riconosciuto il giusto prezzo. Ne ricaveremo un beneficio economico (non dobbiamo spendere una quota eccessiva del budget famigliare per alimentarci bene e risparmiamo altri costi come quelli per le cure mediche) e genereremo una maggiore e più diffusa ricchezza per le persone che vivono vicino a noi. Un benessere più diffuso, che crea minori disuguaglianze.

Altri ancora sono gli elementi che entrano in gioco, al punto che si potrebbe affermare senza dubbio che il cibo è forse il più centrale e strategico degli indicatori di benessere: basta analizzare le 12 dimensioni già individuate e provare a relazionarle con la produzione, trasformazione, distribuzione e consumo del cibo per scoprire che nessuna di esse è così interdipendente come lo è il cibo.

Quali strumenti utilizzare per definire la qualità dell’alimentazione di una comunità? Certamente il tema è complesso e la risposta non può essere semplice e immediata. Occorre avviare una riflessione coinvolgendo diversi attori che possono portare un contributo alla costruzione di quei riferimenti che potranno essere utilizzati per mettere a punto gli strumenti di cui il lavoro di costruzione del BES deve per forza dotarsi. Tuttavia possiamo iniziare a suggerire alcuni criteri che possono essere studiati per valutare il livello qualitativo complessivo dell'alimentazione di una società:

  • quantità di prodotti stagionali sul totale dei consumi giornalieri
  • distanza percorsa dal cibo dalla produzione al consumo
  • quantità di prodotti freschi sul totale dei consumi giornalieri
  • quantità di cibo sprecato in relazione a quello prodotto e consumato
  • quantità di piatti cucinati espressi rispetto al totale dei consumi giornalieri
  • varietà della dieta (specie vegetali e razze animali che entrano in gioco complessivamente)
  • elementi nutrizionali (non solo calorie consumate rispetto al fabbisogno ma anche equilibrio tra i vari alimenti, ad esempio con contenuti consumi di carne rispetto ad altri cibi)

Ovviamente tutto questo è solo un sintetico e generico contributo, non certo un trattato scientifico per definire i termini che permetteranno di inserire la qualità dell’alimentazione nelle dimensioni del BES. Mi auguro però di aver fornito sufficienti stimoli per far sì che la proposta venga presa in considerazione e si creino le condizioni perché ciò che ho auspicato si possa realizzare.

Tu cosa ne pensi? Quali sono secondo te gli indicatori da prendere in considerazione?

Roberto Burdese, presidente Slow Food Italia

Fonte: Slow Food 

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