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giovedì 12 giugno 2014

GRANI ANTICHI - progetto DESR Parco Agricolo Sud Milano



PROGETTO DI RICERCA “11 GRANI” - ANNATA AGRARIA 2013

Il progetto degli 11 grani nasce da un bisogno espresso dalla filiera del grano del DESR PASM, quello di nutrirsi con un pane ottenuto con metodi tradizionali, fatto con lunghe lievitazioni e con pasta madre, che assicuri un prodotto buono, nutriente e digeribile. Alla luce degli studi che mettono in relazione l’alto contenuto di glutine alle sempre più frequenti forme di sensibilità a questo gruppo di proteine, è emersa la richiesta di farine di minor forza e quindi con un glutine meno tenace e meno strutturato, presente in minor quantità.

Si è quindi deciso di provare a coltivare una miscela di 11 grani “antichi”, ossia risalenti alla prima metà del ’900. Le 11 varietà sono state scelte perché adatte alla panificazione con pasta madre, mentre la scelta della semina in miscuglio è stata dettata dalla maggiore capacità di adattamento alle condizioni ambientali e climatiche dovuta dalla biodiversità del materiale genetico. Ciò è supportato anche dai risultati della ricerca BioPane del prof. Dinelli e dalla ricerca Solibam svolta dal prof. Ceccarelli.

La Filiera ha evidenziato inoltre criticità da parte degli agricoltori della rete, impossibilitati ad ottenere tutti gli anni dalle aziende sementiere, grani biologici da coltivare nei loro campi, ormai convertiti all'agricoltura biologica. Questa pratica infatti, li affranca dalle aziende sementiere, potendosi autoprodurre la semente del miscuglio in oggetto.

La miscela di 11 varietà è composta da: Gentil Rosso, Orso, Mentana, Inallettabile, Gamba di Ferro, Senatore Cappelli, Asita, Frassineto, Terminillo, Verna, Marzuolo.
Si è deciso di coltivare con metodo biologico 0,5 Ha presso l’Agriturismo l’Aia di Anna Baroni, a Cassinetta di Lugagnano.

E’ stato effettuato un monitoraggio sulla coltura per studiarne l’andamento e le diverse fasi di sviluppo della pianta. Il monitoraggio ha evidenziato una iniziale uniformità della coltura che ha lasciato il posto, a partire dallo stadio di levata ad una notevole biodiversità espressa con altezze, colori, dimensioni e forma della spiga diversi. La miscela si è dimostrata rustica, l’allettamento si è assestato sul 10% e non ci sono stati problemi fitosanitari. Il grado di maturazione non è stato uniforme, ma questo non ha impedito di individuare il momento della trebbiatura. La granella, dopo aver perso ancora qualche grado di umidità, è stata stoccata in attesa della molitura. La quantità di frumento raccolta è in linea con le rese di questa coltura in agricoltura biologica.

E’ stata stimata la percentuale delle varietà nella miscela, dopo il primo anno di sperimentazione, ed è stata fatta una catalogazione fotografica delle spighe e della granella.

Sono state fatte le analisi della farina, che l’hanno caratterizzata come farina di bassa forza, non facilmente lavorabile con metodi industriali, con bassa attitudine alla maltasi e buon contenuto proteico. E’ stata fatta anche l’analisi delle micotossine (DON), che risulta negativa. Per le analisi ci si è avvalsi della collaborazione del Centro di Ricerca in Agricoltura di Sant’Angelo Lodigiano.

E’ stata fatta l’analisi agronomica dei terreni dell’Agriturismo l’Aia che, a rotazione, ospiteranno gli 11 grani. L’appezzamento coltivato nell’annata agraria 2013 con la miscela risulta avere un buon tenore in sostanza organica e una buona dotazione di nutrienti, sebbene non abbia subito nessun tipo di concimazione. Non ha quindi risentito della coltivazione di queste varietà.  

Sono stati organizzati momenti formativi (con la partecipazione di docenti universitari e ricercatori) e informativi (visite guidate al campo sperimentale)

Rimangono alcuni aspetti da approfondire come la gestione e l’organizzazione della raccolta e dello stoccaggio della granella e lo studio del prezzo trasparente per verificare la sostenibilità economica del progetto.


per informazioni complete sul progetto : DESR

lunedì 9 giugno 2014

Residui chimici: 8 cibi che sarebbe meglio evitare




Sulla base dei rilevamenti fatti dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa), Coldiretti ci segnala quali cibi presentano % eccessive e comunque illegali per l'Italia di residui chimici tossici per la salute...

Peperoncino vietnamitaÈ il prodotto alimentare meno sicuro in vendita in Italia: ben il 61,5% dei campioni analizzati è risultato essere irregolare per la presenza di residui chimici. In particolare, l’eccesso riguarda il difenoconazolo, l’hexaconazolo e il carbendazim (gnammy eh?) tutte sostanze vietate in Italia. Occhio che solo nel 2013 ne abbiamo importato ben 273.800 chili, e si trova ovunque: nei sughi “tipici” come l’arrabbiata, la diavola o la puttanesca piccante o nell’olio aromatizzato. Info in etichetta? La solita chimera. Insomma, nel dubbio vi consiglio di farvi i sughi vostri…

Lenticchie turcheNe sono arrivati 1,6 milioni di chili che, sempre secondo le analisi dell’Efsa, sono irregolari in un caso su quattro (24,3 per cento) sempre per residui chimici in eccesso.



Riso indianoNe importiamo quantitativi più che significativi: 38,5 milioni di chili nel 2013, di questi oltre 5 milioni di chili (12,9%) presentano livelli tossici di residui chimici. Sono numeri che purtroppo ci fanno preoccupare.

Arance dall’UruguayIl 19 per cento dei campioni analizzati supera i limiti di legge per la presenza di pesticidi come imazalil, fenthion e ortofenilfenolo. Anche questi vietati in Italia.

E poi ancora attenzione alle melegrane provenienti dalla Turchia 40,5 per cento di irregolarità, ai fichi brasiliani 30,4% di casi irregolari, all’ananas ghanese 15,6%, ai fagioli kenioti 10,8%, ai cachi israeliani 10,7% e alle foglie di tè cinesi che nel 15,1% dei casi presentano livelli non consentiti di residui chimici. Tra l’altro per quest’ultime, nei primi due mesi del 2014 abbiamo aumentato le importazioni del 1.100 per cento…

Ora, il discorso lo conoscete. Non vogliamo fare i talebani del km0, però sono numeri importanti e bisogna fare attenzione. Non possiamo non essere d’accordo con Coldiretti che ha segnalato il problema: «Si tratta di valori preoccupanti per un Paese come l’Italia che può contare su una produzione nazionale con livelli di sicurezza da record: solo lo 0,2% dei prodotti agroalimentari italiani hanno superato il limite dei residui chimici consentiti che sono risultati peraltro inferiori di nove volte nove volte a quelli della media europea (1,6 per cento di irregolarità) e addirittura di 32 volte a quelli extracomunitari (7,9 per cento di irregolarità)».

E siamo sempre d’accordo con l’associazione dei coltivatori diretti quando ci avverte che questo è «Un pericolo che colpisce ingiustamente soprattutto quanti dispongono di una ridotta capacità di spesa a causa della crisi e sono costretti a rivolgersi ad alimenti a basso costo dietro i quali spesso si nascondono infatti ricette modificate, l’uso di ingredienti di diversa qualità o metodi di produzione alternativi. Dall’inizio della crisi sono più che triplicate in Italia le frodi a tavola con un incremento record del 248 per cento del valore di cibi e bevande sequestrati perché adulterate, contraffate o falsificate sulla base della preziosa attività svolta dai carabinieri dei Nas dal 2007 al 2013». È vero che la qualità costa, è vero che i tempi per fare la spesa sono sempre più striminziti, ma davvero non riusciamo a prenderci il nostro spazio per scegliere che cosa mangiare?

A cura di Michela Marchi
m.marchi@slowfood.it
Fonte: Coldiretti

http://www.slowfood.it/sloweb/2886ce6b9b5ce1d992bae131744bf7ab/residui-chimici-8-cibi-che-sarebbe-meglio-evitare?-session=sf_soci:4F1F922E0ceb220423kM26F6F040