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domenica 30 dicembre 2012

Agromafie e Caporalato: l'altra faccia della crisi


Tema trattato: Agricoltura

17/12/2012 - Cresce il legame tra criminalità organizzata e settore agricolo. A pagarne il prezzo più alto continuano a essere i lavoratori

Mentre peggiora la situazione dei lavoratori stagionali impiegati nel settore agricolo, caporalato e illegalità non conoscono crisi alimentati dal sommerso, dalla precarietà crescente e dalla disperazione di chi sbarca in Italia con in tasca la sola speranza di una vita migliore.

Il recente rapporto Agromafie e Caporalato, a cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto e presentato qualche giorno fa a Roma da Flai Cgil, ci restituisce una fotografia del fenomeno affatto rassicurante. Il caporalato diventa terreno fertile per attività illegali, ambito di interesse privilegiato per la criminalità organizzata, inizia a coinvolgere anche l’export di qualità (in particolare nel settore vitivinicolo) e sempre più spesso si lega ad altre forme di reato come le gravi sofisticazioni alimentari, la riduzione in schiavitù e «forme di sfruttamento lesive persino dei più elementari diritti umani».

La ricerca ha coinvolto 14 Regioni e 65 province, tracciando i flussi stagionali di manodopera e gli epicentri delle aree a rischio (scarica qui le mappe). Lungo lo stivale non paiono esserci zone franche e il fenomeno è fortemente diffuso su tutto il territorio da Sud (in Puglia, Basilicata, Calabria, Campania e Sicilia) a Nord, soprattutto in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Veneto e Lazio.

Terreno fertile sarebbe quel 43% di sommerso occupazionale rilevato dall’Istat nel settore agricolo: un vero e proprio esercito di 400 000 persone, di cui 100 000 (soprattutto straniere) costrette a forme di ricatto quotidiane e a vivere in condizioni limite.

L’Osservatorio ha inoltre individuato le principali attività illecite delle mafie in relazione al settore agroalimentare: estorsioni, usura a danno degli imprenditori, furti, sofisticazioni alimentari, infiltrazione nella gestione dei consorzi per condizionare il mercato e falsare la concorrenza. La contraffazione alimentare è aumentata del 128% negli ultimi dieci anni, mentre il giro d’affari di derivato dalla speculazione dell’Italian branding ammonta a circa 60 miliardi. Gli introiti per le agromafie si aggirano tra i 12 e i 17 miliardi di euro l’anno, circa il 10% dei guadagni della criminalità mafiosa, così come quantificato dalla Commissione Antimafia. Non è un caso che dal 2008 le aziende confiscate alla criminalità siano aumentate del 65 per cento. Purtroppo però, sono ancora i lavoratori a pagare il maggior prezzo: circa 80.000 sono stati licenziati dopo un provvedimento di confisca definitiva.


Una sintesi del rapporto è disponibile qui

Qui le mappe a cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto e qui alcuni dati su agromafie e caporalato

a cura di Michela Marchi
m.marchi@slowfood.it

sabato 29 dicembre 2012

Nuovi modelli sostenibili


I Gas nell'era dell'e-commerce: esperienze varie.
Articolo di Terre di Mezzo: clicca QUI




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Nuovi modelli sostenibili
Per favorire l'incontro tra gli operatori tradizionali del settore e quelli nuovi della filiera: arriva Agrizeromatching, borsa della filiera agroalimentare locale di Milano, Lodi, Monza e Brianza.
Alla crescita dei consumatori, non corrisponde un'innovazione delle forme di distribuzione: è quello che sostengono i promotori di Agrizeromatching. Negli ultimi anni abbiamo assistito alla crescita del mercato locale dei prodotti agricoli, da parte di consumatori di prodotti sostenibili, che ha dato vita alla sperimentazione di nuove modalità di acquisto ormai consolidate: come quelle dei gas, dei mercati agricoli locali e degli spacci aziendali.
A mancare oggi è un piano di incontro tra gli operatori tradizionali del settore (produttori, distributori, grossisti, commercianti al dettaglio, ristoratori, trasformatori, consulenti, terzisti) e quelli nuovi della filiera agroalimentare locale (i distretti economia rurale e solidale e gruppi di acquisto solidale): questo è quello che si propone di fare la Confederazione Italiana Agricoltori di Milano, Lodi, Monza e Brianza, che da anni si dedica allo sviluppo della filiera agricola locale, organizzando mercati locali dei produttori come Migusto Città e Campagna che associa alcuni tra i più noti produttori della provincia milanese, lodigiana a monzese, organizzatrice dell'evento.
Per dare un contributo alle nuove linee di sostenibilità, è infatti fondamentale che vi sia un dialogo diretto con la ristorazione commerciale e collettiva, con la piccola distribuzione organizzata e con i grossisti, e che sia favorita la conoscenza tra operatori e attività professionali che lavorano nella filiera, promuovendo una collaborazione proficua. Nello stesso luogo, nello stesso giorno sarà possibile incontrarsi, concludere affari e verificare le opportunità di sostenibilità. Inoltre verrà presentata l'indagine, condotta dalla CIA, sui nuovi modelli distributivi delle imprese agricole locali.
L'appuntamento con la prima edizione di Agrizeromatching è il 20 gennaio 2013, presso l'Auditorium Umanitaria in via San Barnaba 48 a Milano.


Fonte: Terre di Mezzo

venerdì 21 dicembre 2012

Agricoltura sempre più rosa: 300mila le donne manager nei campi



12/12/2012 - Un'impresa agricola su 3 (29%) è condotta dalle donne che hanno aumentato progressivamente il loro peso all’interno del settore agricolo dove hanno trovato occupazione come dipendenti ben 406mila lavoratrici nel 2011

Aumentano le donne manager in agricoltura dove salgono a 294.618 le titolari, amministratrici o socie di aziende, in controtendenza rispetto alla crisi economica generale che vede una diminuzione dei loro colleghi maschi. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti relativa al terzo trimestre del 2012 rispetto a quello precedente che registra anche un aumento del 3% delle assunzioni di lavoratrici dipendenti nel settore. L’occasione per fare il punto sulle “quote rosa dell’agricoltura” è la consegna al ministero delle Politiche agricole del premio De@Terra promosso dall'Osservatorio nazionale per l'imprenditoria e il lavoro femminile in agricoltura alle imprenditrici agricole della Coldiretti che si sono distinte per creatività ed innovazione.

Sulla base dell’analisi Coldiretti su dati Unioncamere, Inps e Istat, quasi una impresa agricola su tre (29%) è condotta dalle donne che hanno aumentato progressivamente nel tempo il loro peso all’interno del settore agricolo dove hanno trovato occupazione come dipendenti ben 406mila lavoratrici nel 2011. La capacità di coniugare la sfida con il mercato, il rispetto dell'ambiente e la qualità della vita a contatto con la natura sembra essere una delle principali ragioni della presenza femminile nelle campagne. Un impegno che è infatti particolarmente rilevante nelle attività più innovative e multifunzionali come dimostra il protagonismo delle donne nei mercati degli agricoltori di Campagna Amica, negli agriturismi o nelle associazioni per la valorizzazione di prodotti tipici nazionali come il vino e olio. L’ingresso progressivo della presenza femminile nell’agricoltura italiana - continua la Coldiretti - ha certamente dato un forte impulso all’innovazione che ha caratterizzato il settore con l'ampliamento delle attività ad esso connesse come la trasformazione dei prodotti, la crescente attenzione al benessere, il recupero di antiche varietà, le fattorie didattiche, gli agriasilo, la pet-therapy, l’adozione di piante e animali on line  e tante altre innovazioni in rosa che le aziende vincitrici, diffuse in diverse tutte le regioni, hanno come peculiarità.

lunedì 17 dicembre 2012

Stop al consumo di suolo: ci sono altre soluzioni


Foto da Rounditalycruise.it
di Vezio de Lucia

Non convince la proposta del ministro Mario Catania.

Non convince per gli antiquati e storicamente inconcludenti procedimenti a cascata, per l’imprevedibile lunghezza dei tempi, non convince soprattutto perché, alla fine, a decidere sono le regioni. Che è come chiedere al gatto di Pinocchio di tenere a bada la volpe, o viceversa.
Intendiamoci, non tutte le regioni sono uguali. So bene che in certi posti gli spazi aperti sono in qualche misura tutelati, soprattutto nel centro Nord. Viceversa, nel Mezzogiorno, dal Lazio in giù (Lazio e Roma da questo punto di vista sono profondo Sud) lo spazio aperto è considerato sempre e comunque edificabile, farsi la casa in campagna un diritto inalienabile, e chi ha provato a metterlo in discussione è stato rapidamente emarginato.
Insomma, con la proposta Catania, l’obiettivo logicamente prioritario, che dovrebbe essere di imporre le misure più severe laddove maggiore è sregolatezza, diventa francamente velleitario: ve le immaginate la Campania, il Lazio prime della classe che bloccano le espansioni e reprimono l’abusivismo? Servono perciò soluzioni radicalmente diverse. E urgenti.

Continuare con l’attuale ritmo di dissipazione del territorio, anche per pochi anni, in attesa che le regioni si convertano al buogoverno, significherebbe toccare il fondo, annientare materialmente l’unità d’Italia, un disastro non confrontabile con crisi come quelle economiche e finanziarie, più o meno lunghe, più o meno gravi, più o meno dolorose, ma dalle quali infine si viene fuori.

Il saccheggio del territorio è irreversibile.

E allora? Andando subito al merito, secondo me, e scusandomi del carattere anche molto tecnico dell’esposizione, dovrebbero essere praticabili due percorsi che provo a illustrare.
Il primo percorso fa capo al Codice dei Beni culturali che, com’è noto, sottopone a tutela (art. 131, c. 2) il paesaggio dotato di “quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali”: parole che riprendono quelle scritte da Benedetto Croce in occasione della legge 778 del 1922, da lui voluta (“Il paesaggio è la rappresentazione materiale e visibile della Patria con le sue campagne, le sue foreste, le sue pianure, i suoi fiumi, le sue rive, con gli aspetti molteplici e vari del suo suolo”).
Il paesaggio come identità nazionale non può essere evidentemente tutelato in autonomia da 20 regioni, e perciò il Codice dispone (art. 135, c. 1) che i piani paesaggistici siano elaborati “congiuntamente” tra ministero dei Beni culturali e regioni: mentre prima, al tempo della legge Galasso, i piani paesistici erano di esclusiva competenza regionale.

.....continua la lettura su www.salviamoilpaesaggio.it