Calendario Ordini

giovedì 27 ottobre 2011

Il tempo del miele - Attenti ai cinesi

03/10/2011 - Invitiamo poi a leggere bene le etichette per assicurarsi che non ci siano mieli cinesi come’è stato denunciato in questi giorni


venerdì 21 ottobre 2011

Basta sprechi di cibo, la salvezza dell'Africa si decide a casa nostra


 
Come tutti gli anni, il 16 ottobre, la FAO ci chiama a riflettere con la Giornata Mondiale dell’Alimentazione. Ciclicamente, purtroppo solo per un attimo, torniamo a prendere atto che fame e malnutrizione non spariscono dalla faccia della Terra neanche per sbaglio. Tra i tanti, è questo il vero, più serio e potente motivo per sentirsi indignati oggi.

Anche se grazie alla ricorrenza si spendono fiumi di parole, purtroppo soltanto quelli, si spendono. È molto importante denunciare ma non è sufficiente: è tempo di enunciare, di spendere qualcos’altro di più tangibile. Gli Stati e gli organismi internazionali non mantengono le promesse che hanno fanno in tema di aiuti allo sviluppo e quasi sempre, quando ci provano davvero, finiscono con il far “costare più la salsa che il pesce”. Nel 2000, con la Dichiarazione del Millennio dell’ONU, ogni Stato ricco promise di aumentare gli aiuti pubblici allo sviluppo per lo 0,7% del proprio PIL entro il 2015. Pochissimi Stati hanno già superato la soglia, la maggioranza no: la media oggi è poco più alta dello 0,3%. L’Italia, per non farsi mancare niente, si distingue tra quelli in fondo alla classifica: siamo allo 0,1% e negli ultimi anni abbiamo continuato a tagliare in maniera importante questi aiuti, nel nome della crisi. Leggere il nuovo rapporto di Action Aid Italia uscito a settembre, dovrebbe farci vergognare per come siamo indietro su tutti i fronti. Intanto, nonostante la crisi, non smettiamo di costruire caccia bombardieri e partecipare a missioni di guerra costosissime: quei soldi basterebbero e avanzerebbero di molto per fare la nostra parte negli aiuti promessi.

Le notizie che quest’anno sono arrivate dal Corno d’Africa (con una carestia che ha coinvolto 13 milioni di persone soprattutto in Somalia, Kenya, Etiopia, delle quali decine di migliaia sono già morte e 750.000 a rischio di morte nei prossimi mesi) non sono di nuovo state sufficienti a smuovere le coscienze in maniera generalizzata. Forse sono risuonate come la tiritera della nonna o della mamma che, quand’eravamo bambini e restii a finire la cena, ci ripetevano come una nenia: «Mangia che sei fortunato, i bambini in Africa muoiono di fame e chissà cosa darebbero per essere al tuo posto». Le parole perdono pienezza e significato nella loro reiterazione all’ennesima volta e purtroppo anche le emergenze per la fame nel mondo tornano puntuali ogni anno, suonando tristemente tra le news un po’ come la voce della nonna. La cosa sconvolgente è che il problema del miliardo circa di persone che soffrono di malnutrizione e fame è, tra tutti i problemi che ha oggi la comunità mondiale, uno di quelli di più facile soluzione: sarebbe sufficiente averne la volontà. Basterebbero i giusti investimenti, invece di impiegare miliardi per salvare le banche e i signori di una finanza canaglia impalpabile, che aleggia come un falco in volo nell’iperspazio arricchendosi sulle nostre teste finché poi non ci piove addosso con le sue colpe e insipienze, facendocele pagare care. Al limite, basterebbe anche soltanto qualche rinuncia, meno avidità, meno colonialismo economico e culturale. Invece, per citare Ghandi a pochi giorni dall’anniversario della sua nascita, «Nel mondo c’è abbastanza per i bisogni dell’uomo, ma non per la sua avidità».

Forse l’unica soluzione è cominciare a fare propria questa battaglia a livello personale, ognuno di noi. Ma come possiamo fare, pur carichi di sana e giusta indignazione? Intanto, iniziamo dallo spreco. Secondo i dati di Last Minute Market sprechiamo 20 milioni di tonnellate di cibo ogni anno, soltanto nel nostro Paese. Sarebbero sufficienti a sfamare 40 milioni di persone: siamo distratti, non siamo sensibili, è un po’ colpa nostra ma in un certo senso siamo vittime di un sistema che per così com’è strutturato non diventerà mai virtuoso, nemmeno sotto i colpi della crisi. È un sistema economico iniquo, che fa dei rifiuti la sua stessa ragione di esistenza. Quei 20 milioni di tonnellate di cibo buttate via ogni anno in Italia lo alimentano: un consumismo spietato dove tutto si brucia e va sostituito al più presto, anche il nutrimento. Allora dobbiamo cominciare a rivoluzionare in casa nostra, se vogliamo coltivare la speranza che anche in Africa le cose si rivoluzionino.

Cambiare qui per cambiare l’Africa: ecco uno slogan, se ce n’era bisogno. Mai nella storia dell’uomo abbiamo avuto così tanta quantità di cibo a disposizione per l’umanità e mai nella storia abbiamo sprecato così tanto. Oltretutto, come spiega una recente ricerca storiografica che sta per essere pubblicata in USA, nonostante le guerre in corso il mondo non è mai stato in pace come in questa epoca. Lo spreco di fronte alla fame è la vera anomalia dei nostri tempi, figlia di un modo di intendere l’economia profondamente sbagliato e obsoleto, che crede ciecamente nella possibilità di una crescita infinita, quando non c’è nulla di esistente e tangibile sulla Terra che possa crescere all’infinito: questa è una legge naturale.

Il sistema avido in cui siamo immersi ha trasformato il cibo in una merce, l’ha spogliato dei suoi valori mentre l’unico valore che resta è il prezzo. Siamo tutti obbligati a comprare, a consumare, a un determinato prezzo. Non coltiviamo più, abbandoniamo l’agricoltura e intanto chi non ha soldi non può mangiare perché non può acquistare cibo: è il sistema che sta condannando milioni di africani. È ciò che va scardinato con le nostre azioni quotidiane: non sprecando e rieducandoci al cibo e ai suoi valori, anche quelli dell’agricoltura. È ciò che più immediatamente possiamo fare, formando nuove generazioni che non vogliano più stare a questo gioco al massacro.

Da parte degli Stati non si tratta soltanto di mantenere gli impegni presi, di versare ancor più cospicue quantità di denaro per la causa, ma di impegnarsi all’interno degli organismi internazionali perché ogni azione singola non possa aggravare ulteriormente la situazione, se proprio non riescono a far niente per migliorarla. Che vietino il land grabbing per esempio. Una pratica che permette a Stati come l’Arabia Saudita, la Corea, la Cina di appropriarsi di milioni di ettari di terreno fertile in Africa e nel mondo (si stima che siano in totale 42 milioni di ettari quelli interessati dal questo grave fenomeno neocolonialista), sottraendoli anche violentemente alle popolazioni con la connivenza dei Governi locali, per inseguire una crescita economica e agroindustriale che evidentemente non è più possibile all’interno dei loro confini. Una pratica che andrebbe condannata e impedita con fermezza, al pari delle dittature, delle invasioni e di qualsiasi altra piaga richieda un intervento dell’Onu.

Lasciatemi dire che con Slow Food stiamo raccogliendo fondi da dare alle comunità per realizzare mille orti in Africa nel corso del prossimo anno. È una goccia nel mare, perché ce ne vorrebbero un milione, ma è pur qualcosa. Un orto per una comunità è un ritorno alla terra, alla dignità del coltivare il proprio cibo, una garanzia di autosostentamento, attraverso le tecniche e le sementi locali: da parte nostra c’è solo aiuto a distanza, in risorse e in semplici migliorie tecniche non invasive. Per fortuna non siamo gli unici.

L’auspicio è che la politica ponga tutti questi problemi tra le sue priorità, ma se non si rinuncia a quel sistema economico-finanziario che in realtà la foraggia e che lei sostiene; se non si guarda a nuove vie e nuovi paradigmi per il futuro, a una vera rinascita dell’agricoltura (ovunque), allora sarà molto più dura. Noi iniziamo con la reciprocità, a donare e a far girare i doni in quest’economia malata, partendo anche dal sostegno ai nostri stessi contadini, con acquisti diretti di cibo locale, perché pure loro iniziano a subire gli effetti disastrosi di un sistema incompatibile con la natura, che li sta schiacciando. I contadini, insieme alle associazioni della società civile, uniti nel CISA (Comitato Italiano per Sicurezza Alimentare), in questi giorni stanno facendo sentire la loro voce a Roma, proprio davanti alla FAO: ascoltiamoli, appoggiamoli. Io credo veramente che non sprecando, aiutando le economie agricole locali in ogni angolo della terra, regalando qualcosa per far rinascere le singole comunità africane nel nome della loro produzione alimentare, potremo dare il via a un nostro cambiamento profondo, che infine cambierà anche l’Africa. Ma sempre e solo grazie agli africani: bisognerà pur dargliene la possibilità, smettendola di far pagare soprattutto a loro le nostre condotte scellerate e ormai decisamente impazzite.

Di Carlo Petrini (da La Repubblica)

domenica 16 ottobre 2011

COME BOLLIRE IL CAVOLFIORE SENZA FARLO SAPERE SUBITO A TUTTO IL CONDOMINIO




Una volta c’erano le nonne e le bisnonne, che cucinavano bene perché imparavano in casa l’una dall’altra e così le figlie potevano conoscere le piccole regole del viver civile quotidiano. Oggi abbiamo dimenticato questa cultura e dalle scale del nostro condominio a naso possiamo sapere cosi si cucina in ogni piano...... 



Questa regola dovrebbe valere soprattutto per chi cucina in alloggi di condominio (ma è da ricordare anche se si vive in villa): quante volte si percepiscono dalle scale o nell’ ascensore i profumi di quanto avviene nelle varie cucine?

Fin quando sono profumi va bene, ma quando qualcuno cuoce il cavolfiore o i broccoli  l’ odore è davvero sgradevole e poco accogliente, senza dimenticare quanto si sente e quanto dà fastidio in casa.


Ecco un metodo pratico ed infallibile per evitare tutti gli odori, purtroppo dimenticato dai più, anche perché si sono perse queste vecchie conoscenze:
  1. Usare una pentola che abbia un coperchio di misura giusta e ben aderente(sono ottimi quelli di vetro di un certo peso, anche se va bene qualsiasi coperchio).
  2. Mettere nell’ acqua un buon pezzo di mollica di pane e mezzo bicchiere di aceto di vino bianco.
  3. Mettere tra la pentola e il coperchio un asciugamano da cucina ( di tela o di spugnetta) piegato in quattro (deve sbordare un po’ dal coperchio, ma non troppo, perché potrebbe bruciarsi).
  4. Far bollire per il tempo previsto senza scoperchiare (circa 15 – 20 minuti a seconda della grandezza o se è intero o metà), tanto non c’è bisogno di mescolare o di controllare direttamente.
Lo stesso accorgimento vale anche per i broccoli, per i cavolini di bruxelles e per il cavolo e in generale per tutti gli ortaggi che in bollitura sprigionano odori sgradevoli.




fonte: La cultura del cibo


di Pier Favre
pier.favre@laculturadelcibo.it 
12 Ottobre 2011

giovedì 13 ottobre 2011

Coltivare la terra conviene ancora? Cosa ne è rimasto del paese rurale che eravamo?




11/10/2011 - La trasmissione di Rai Tre "Presa Diretta" del 9 ottobre ha parlato della situazione dell'agricoltura italiana

venerdì 7 ottobre 2011

PREPARIAMOCI. A vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza ...e forse più felicità.


PREPARIAMOCI

Luca Mercalli - PREPARIAMOCI. A vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza ...e forse più felicità.hspace=Luca Mercalli


205 pagine, Chiarelettere, euro 14.00.
E' questo il titolo e sottotitolo dell'ultimo lavoro di Luca Mercalli (edito da Chiarelettere) che reca in copertina anche un appello-monito che non lascia dubbi: "Un piano per salvarci". Potrebbe apparire come uno dei tanti "sfoghi" che ultimamente il nostro Luca continua a dispensare nei suoi interventi pubblici, invece è un garbato e quasi romantico annuncio con cui si invita il prossimo (cioè noi ...) ad iniziare una rivoluzione ecologico/culturale basata primariamente sul cambiamento dei nostri stili di vita. Individuali. Personali. Perchè se noi cambiamo, il mondo potrà cambiare ...

Mai tante crisi tutte insieme: clima, ambiente, energia, risorse naturali, cibo, rifiuti, economia. Eppure la minaccia della catastrofe non fa paura a nessuno. Come fare? Ci vuole una nuova intelligenza collettiva. Stop a dibattiti tra politici disinformati o in conflitto d'interessi. Se aspettiamo loro sarà troppo tardi, se ci arrangiamo da soli sarà troppo poco, ma se lavoriamo insieme possiamo davvero cambiare.
L'autore racconta il suo percorso verso la resilienza, ovvero la capacità di affrontare serenamente un futuro più incerto, e indica il PROGRAMMA POLITICO che voterebbe. Il cambiamento deve partire dalle nostre case (più coibentate), dalle nostre abitudini, più sane e economiche (dal consumo d'acqua, ai trasporti, dai rifiuti alle energie rinnovabili, dall'orto all'impegno civile). Oggi non possiamo più aspettarci soluzioni miracolistiche: meglio dunque tenere il cervello sempre acceso, le luci solo quando servono.

"Caro Sindaco, prova a uscire dal conformismo ideologico, dall'ignoranza, dalla supponenza. Raccogli la sfida ecologica globale come punto di partenza per pensare il futuro con un progetto coraggioso. Adesso. Dopo sarà troppo tardi."

"Ai dibattiti radiotelevisivi tutti hanno diritto di dire qualcosa tranne le persone competenti, spesso però prevale l'opinione personale completamente errata, raccolta al bar."

"Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all'infinito in un mondo finito è un pazzo, oppure un economista."
Kenneth E. Boulding, 1966.

"Quando sentiremo l'ultimo avviso del 'Si chiude!', solo allora il terrore, come molla, ci butterà in piedi al grido di 'Vogliamo campare!'. Eh no: è troppo tardi, coglioni!"
Dario Fo in "L'Apocalisse rimandata, benvenuta catastrofe".

"Ormai la fattura energetica intacca il 15 per cento degli introiti delle fasce deboli. Case vecchie e malsane faranno peggiorare la qualità della vita di un numero sempre maggiore di famiglie."

"I 60 milioni di italiani hanno un'impronta (utilizzo di territorio e inquinanti) di 4,2 ettari a testa ma dispongono di risorse interne per solo 1 ettaro, con un deficit di oltre 3 ettari."

"Il bello è fare ciò che è possibile e ciò che piace, e condividere con la cellula sociale locale ciò che non si è in grado di fare da sé. Non voglio tornare al medioevo! Voglio andare avanti."


fonte: 
http://www.stopalconsumoditerritorio.it/index.php?option=com_content&task=view&id=456&Itemid=1